Gino Lombardi, "Joe Il Rosso"
di Giovanni Baldini, 14-7-2003, Creative Commons - Attribuzione 3.0.
Monumenti che nominano Gino Lombardi:
- Lapide a Lombardi e Consani (*) - Sarzana (SP)
- Lapide di Porta (*) - Farnocchia, Stazzema (LU)
- Monumento ai caduti - Ruosina, Seravezza (LU)
- Sepolcri della famiglia Lombardi - Ruosina, Seravezza (LU)
I monumenti segnati con l'asterisco si trovano sul luogo dell'accaduto
Gino Lombardi nacque il 5 gennaio 1920 a Querceta in una famiglia di profonda fede socialista e per questo perseguitata e costretta a trasferirsi a Pisa.
Partecipò al secondo conflitto mondiale col grado di sottotenente sull'isola di Rodi, rientrato a Pisa con la rabbia per la morte in guerra del fratello e con un'accresciuta avversione al regime fascista cominciò a tessere contatti con giovani antifascisti pisani.
Casa Lombardi, col pieno appoggio dei genitori di Gino, divenne un ritrovo molto frequentato, dove si ascoltavano le trasmissioni radio degli alleati e si iniziavano a studiare piani d'azione. Intanto i cospiratori cominciarono a sottrarre materiale bellico da vari depositi, nascondendo armi e proiettili nell'organo della chiesa dei SS Cosma e Damiano.
Il 9 di settembre del '43, con la complicità del suo attendente Luigi Mulargia e di personale del porto Lombardi riuscì a entrare in possesso di un ingente quantitativo di materiale bellico prima che i tedeschi occupino la zona. Ma non si fermò qui: travestito da brigadiere dei carabinieri, in compagnia di altri antifascisti, entrò nella sede pisana della Gioventù Italiana del Littorio e si fece consegnare tutte le armi, portandole poi sulle Apuane.
Intanto, a seguito dei bombardamenti alleati, i genitori si erano trasferiti a Ruosina di Seravezza e Gino li aveva seguiti con la fidanzata Margherita Cervelli. Quando per lui, minacciato e poi braccato dai fascisti, l'opera di raccolta delle armi divenne troppo pericolosa fu proprio Margherita a sobbarcarsi questo compito.
Infine, negli ultimi mesi del '43, il Lombardi creò un primo gruppo di armati alla macchia in località Porta di Stazzema che si chiamò "Cacciatori delle Apuane".
A Ruosina il continuo andirivieni in casa Lombardi aveva insospettito i fascisti, dall'azione conseguente Gino Lombardi riuscì a sfuggire rocambolescamente, mentre il radio telegrafista Lorenzo Jacopi venne preso.
Jacopi era sbarcato da un sommergibile alleato nei pressi di Castiglioncello e con l'aiuto del parroco di Montenero e di altri antifascisti era riuscito ad organizzare un servizio radio clandestino.
Jacopi riuscirà, nel maggio del '44, a evadere dal carcere di Verona e a rientrare in Versilia, riprendendo la sua attività di partigiano.
Le prime azioni dei "Cacciatori delle Apuane" furono dimostrative o comunque di preparazione, come la diffusione di volantini fatti con un ciclostile sottratto al comune di Stazzema e l'assalto al paese di Farnocchia, dove sottrassero all'ammasso fascista sei quintali di farina di castagne.
Questo è uno dei volantini distribuiti:
PROCLAMA
Compagni delle giovani leve, veterani, italiani, accorrete sotto le nostre libere bandiere per l'Onore d'Italia, per la salvezza del popolo.
Lottiamo uniti contro i traditori fascisti e i nemici della Patria, che cercano di trascinare nel più profondo del baratro l'Italia nostra.
Madri, spose, aiutate i vostri figli, i vostri uomini nella lotta per la liberazione; affiancate i patrioti nella loro opera redentrice: avversate le canaglie fasciste.
Compagni, ovunque ci cercherete ovunque ci troverete
Da queste vette gli uomini delle Apuane uniti sotto i tre colori sono pronti a tutto osare per la libertà, l'onore, la fratellanza delle genti.
PER IL COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE
Il Comandante Generale le bande
CACCIATORI DELLE APUANE
SI AVVERTE
I tutori dell'ordine sono invitati a non avversare l'opera dei patrioti.
Si diffida tutta la gente da bene a frequentare i ritrovi dei fascisti e a trattenersi con essi per non ostacolare la giustizia che scenderà tremenda sui traditori.
Chi contravverrà a dette avvertenze lo farà a suo rischio e pericolo.
La sfida ai nazifascisti venne raccolta il 23 marzo quando venne operato un vasto rastrellamento con lo scopo di interrompere per sempre le azioni dei "Cacciatori delle Apuane". Ma questi, forti della collaborazione della popolazione locale, vennero avvertiti per tempo e riuscirono a sganciarsi e a scendere a valle dove, dopo aver tagliato i fili del telegrafo, requisirono la corriera per Pontestazzemese e si fecero portare ad Arni.
Ad Arni si scontrarono con alcuni tedeschi della TODT riuscendo facilmente a disarmarli e da lì raggiunsero una baita al Passo di Sella.
Il giorno successivo assaltarono un magazzino TODT a Vagli e disarmarono i carabinieri di Vagli di sopra e di Castelnuovo Garfagnana. Rifornitisi di armi e viveri poterono sostenere uno scontro con le formazioni nemiche che non avevano mai cessato di inseguirli. Un'improvvisa tempesta di neve favorì ancora i partigiani che poterono ritirarsi presso una cava di marmo d'alta quota in località "Miniera" dove il maltempo li isolò per tre giorni.
Infine il 28 marzo, dopo aver preso contatto coi partigiani di Carrara, riuscirono a sganciarsi definitivamente.
Le azioni di guerriglia continuarono sempre più efficaci, spesso con l'obiettivo di risolvere l'annoso problema dei rifornimenti di armi e cibo.
L'unica rappresaglia cui non poterono rispondere fu quando i repubblichini fascisti bruciarono le case di alcuni componenti dei "Cacciatori", in particolare la casa di Lombardi venne arsa e tutti i suoi familiari arrestati e imprigionati.
Margherita e Giuseppe, la fidanzata e il padre di Gino, vennero condotti a Piacenza e condannati alla fucilazione, ma poterono salvarsi grazie a uno scambio di prigionieri fra fascisti e partigiani del luogo. Margherita sceglierà di rimanere in zona, entrando a far parte dei partigiani col compito di staffetta, questo le permise tra l'altro di rivedere i compagni Manfredo Bertini e Gaetano de Stefanis.
La storia dei "Cacciatori delle Apuane" e del loro comandante Gino Lombardi volge al termine il 17 aprile 1944, quando vengono intercettati su Monte Gabberi da un imponente rastrellamento organizzato dalla Guardia Nazionale Repubblicana, da reparti della X Mas e da fascisti provenienti da Querceta. Il combattimento fu lungo e disperato ma alla fine, anche questa volta, i "Cacciatori" riuscirono a spezzare l'accerchiamento. In questa occasione morì ventenne Luigi Mulargia, ex-attendente di Lombardi, che ferito e impossibilitato a fuggire continuò a sparare fino all'esaurimento delle munizioni, poi venne preso e torturato con lo scopo di sapere i nomi dei compagni. Il Mulargia non parlò e venne finito a calci, gli vennero mozzate le orecchie e fu impedito alla popolazione di seppellirlo.
Il 24 aprile, a seguito di una delazione, Gino Lombardi viene preso presso Sarzana, mentre cerca di raggiungere l'alta Lunigiana dove avrebbe dovuto spostarsi la sua formazione. Nello scontro coi militi fascisti riesce a ucciderne due, poi a sua volta viene colpito mortalmente.
A seguito di questi fatti i "Cacciatori delle Apuane" in parte si sbandarono e in parte si riorganizzarono sotto un altro nome: Brigata "Luigi Mulargia".
Bibliografia
- Antifascismo e Resistenza in Versilia
"per chi non crede" -
di Francesco Bergamini, Giuliano Bimbi
ANPI Versilia, 1983