La battaglia e la strage di Forno

di Giovanni Baldini, 18-6-2004, Creative Commons - Attribuzione 3.0.

Questa storia si svolge nel comune di Massa.

Monumenti che si riferiscono a questi fatti:
- Cippo a Garosi (*) - Forno, Massa
- Croce per le vittime di Forno (*) - Forno, Massa
- Lapide a Siciliano - Forno, Massa
- Lapide a Tito sulla scuola di Forno - Forno, Massa
- Monumento alle vittime delle stragi di Apuania - Massa
- Monumento dell'eccidio di Forno (*) - Forno, Massa
- Ossario delle vittime di Forno - Forno, Massa
- Parco della Resistenza del Monte Brugiana - Bergiola Maggiore, Massa
- Sepolcro di Marcello Garosi - San Miniato al Monte, Firenze

I monumenti segnati con l'asterisco si trovano sul luogo dell'accaduto

A fine maggio 1944 Radio Londra trasmise un messaggio in codice che conteneva la parola d'ordine Avanti Savoia!, che stava ad indicare l'imminenza di un possibile intervento decisivo degli alleati sul fronte italiano, come lo sbarco sulle coste della Versilia che in molti attendevano. Era comunque un invito palese per i partigiani ad intensificare gli sforzi e ad impegnare i nazi-fascisti su più fronti possibili.
In realtà quel messaggio non è chiaro a cosa si riferisse, sembra probabile che però si intendesse segnalare lo sfondamento della linea Gustav e l'arrivo degli alleati a Roma (avvenuto infatti il 4 giugno successivo).

I partigiani versiliesi e apuani reagirono a quel messaggio con azioni eclatanti come la conquista di Forno, che sarebbe stata la testa di ponte per attaccare i tedeschi a Massa prendendoli fra due fuochi grazie all'ipotizzato sbarco.
Ma l'Avanti Savoia! era come si è detto riferito ad altro e questa esposizione prematura provocò la reazione furiosa dei nazi-fascisti che inflisse molte perdite all'organizzazione resistenziale.

Spinti dall'entusiasmo della conquista di Roma e dello sbarco in Normandia, avvenuto il 6 giugno, i partigiani delle brigate "Luigi Mulargia" (vedi la biografia di Gino Lombardi) e della "Silvio Ceragioli" scesero in forze a Forno. In breve conquistarono il paese, erano le 15.30 del 9 giugno 1944.

La situazione era comunque considerata eccessivamente rischiosa da alcuni dirigenti del Comitato di Liberazione Nazionale e l'11 venne consigliato alla "Mulargia" di rientrare alla base sulle quote più alte dei monti circostanti. D'altra parte la Delegazione per la Toscana del Comando Centrale delle Brigate d'Assalto Garibaldi diramò un comunicato che terminava così:

Partigiani e gappisti, l'ora della fase risolutiva che ci darà la definitiva vittoria è giunta. Che ogni patriota sia al suo posto di combattimento con la chiara consapevolezza che dalla sua audacia e dal suo coraggio sorgerà la nuova libera Italia.

Il comandante Marcello Garosi e gli altri comandanti decisero di rimanere, preparandosi ad accogliere la reazione dei tedeschi.
Una pattuglia partigiana arrivò a Canevara, tagliando le comunicazioni col capoluogo e catturando un camion della X Mas. Altri partigiani minarono un costone roccioso sovrastante la strada per Forno e in generale vennero prese misure difensive adatte alla situazione, chiudendo ogni possibile accesso al paese.

Nel frattempo fra i fascisti di Massa si sparse il panico, gli ufficiali del distretto militare indossarono abiti civili e nottetempo fuggirono verso il nord, mentre parallelamente nella popolazione della zona cresceva il fermento. La notizia arrivò fino a Lucca dove le diserzioni fra i repubblichini incrementarono copiosamente, compresa quella di un intero reparto della X Mas dislocato a Pietrasanta e che in parte confluì in alcune formazioni partigiane.
Azioni sempre più audaci vennero messe in atto: il 10 quattro partigiani entrarono a Massa con le loro divise e come azione dimostrativa attaccarono una caserma dei carabinieri. L'11 venne invece attaccato il distretto miltare di Massa incitando i militari alla diserzione, in questa occasione i partigiani catturarono anche il figlio del capo delle carceri e in seguito effettuarono uno scambio di prigionieri.

Sempre l'11 nello sforzo di unire le varie formazioni partigiane della zona Marcello Garosi venne designato all'unanimità come capo del comando unico dello schieramento.
Ma i tempi non erano maturi e l'imperfetto coordinamento fra i vari gruppi sarà una delle cause della disfatta.

Il passo di Colonnata, che era d'importanza strategica, venne presidiato da un distaccamento che la sera del 12 giugno non venne raggiunto dai rifornimenti. I partigiani allora abbandonarono la posizione per poche ore per potersi rifocillare, senza attendere il cambio. Fu fatale: all'alba del 13 un migliaio di soldati appartenenti alle SS, alla X Mas e alla Guardia Nazionale Repubblicana di La Spezia mossero contro Forno appoggiati da due semoventi. In particolare i militi della X Mas ebbero la fortuna di trovare il passo di Colonnata sgombro e di poter così operare un accerchiamento.
Alle 3.20 venne dato l'allarme: patrioti della "Silvio Ceragioli" affrontarono le avanguardie tedesche e vennero fatte esplodere le cariche sulle pendici del monte Bizzarro. Tutta la testa della colonna nemica e tre camion di soldati vennero annientati. Ma la scarsità di munizioni impose comunque una ritirata per i partigiani.

Nel frattempo la X Mas aveva sfruttato a pieno l'effetto sorpresa e alle 6 del mattino l'accerchiamento era completo. I partigiani che non riuscirono a mettersi in salvo operarono una efficace resistenza dai locali del cotonificio poco più a monte del paese.
Il comandante Marcello Garosi che per una ferita ad una gamba non aveva preso direttamente parte alle ultime azioni era alloggiato fuori dal paese: tentò più volte di raggiungere i compagni assediati al cotonificio ma venne respinto e infine ferito gravemente. Continuò a sparare contro i nemici, infine conservò l'ultima pallottola per sé, per non cadere vivo nelle loro mani. Così Garosi, detto "Tito", morì in località Pizzacuto alle 9.30, poco distante dal cotonificio.

A mezza mattina i nazi-fascisti avevano riconquistato Forno. Subito dopo cominciò la vera carneficina.
72 giovani del luogo vennero fucilati sull'argine del Frigido, i partigiani presi prigionieri vennero rinchiusi nella caserma dei carabinieri e arsi vivi. Altre 400 persone vennero avviate verso i campi di concentramento in Germania e le loro case furono saccheggiate e date alle fiamme.

Bibliografia

Passi nella memoria
Guida ai luoghi delle stragi nazifasciste in Toscana
di Paolo De Simonis
Carocci, 2004
ISBN 88-430-2932-0

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